Ho scambiato tue parole epistolari con Amerigo Verardi che, da poco, ha pubblicato il suo nuovo album, "Il sogno di Maila", disco ambizioso ma, nello stesso tempo, pieno di talento e di musica.
1) Amerigo la cosa che ho notato di più in questi anni in cui scrivo recensioni è una: siamo diventati tutti precari della musica. In un recente libro che contiene le interviste a Lucio Dalla, ne viene fuori che Lucio faceva spesso questo disco monetario. Veniva dal jazz che non lo sostentava, si è dato, diciamo al pop, appunto per potere vivere di musica. Ora il discorso è molto più ampio: non solo molti artisti non vivono di quello che producono, ma tutto il settore è un po' così in crisi, sembra che diventi quasi un passatempo. Come la vedi tu?
Da una parte trovo orribile che in Italia non si possa riuscire a vivere di musica, o di arte in generale, a meno di un mezzo miracolo. Sono le naturali conseguenze di un Paese logoro, generalmente ignorante e poco lungimirante. E d’altra parte, però, devo anche dire che tutto questo mi dà la possibilità di non caricare la mia musica di ingombri inutili. E’ da una decina di anni che non considero più la musica come il mio lavoro. Faccio altro per sopravvivere. E così mi posso permettere una totale libertà di ricerca e di espressione, dove l’unica pressione è la mia voglia di conoscere, di esplorare e di condividere. I discografici con i quali pubblico i miei lavori da cinque anni, da Michele Bitossi della Prisoner Records a Cosimino Pecere della Psychout Records e Antonio Marra della MarraCult, sono persone competenti ed appassionate che condividono con me questo approccio all’espressione pura. La mia curiosità è per la conoscenza delle leggi e dei misteri del mondo; il mio bisogno è intraprendere strade per un’evoluzione spirituale, ma al tempo stesso è ricercare forme di pura bellezza; e c’è anche quell’elemento indispensabile che racchiude tutto e che mi fa stare bene, anzi meglio: il “divertimento”, di cui cerco sempre il senso per me più alto e gratificante possibile. Per me la musica è il veicolo ideale per esprimere queste energie e questi valori. In qualsiasi ritaglio di tempo possiamo generare amore, virtù, bellezza, compassione, solidarietà, empatia, gratitudine. Anche in una sola nota può esserci tutto questo. Dipende solo da noi, dalla nostra presenza di spirito, dal ruolo che ci riconosciamo in questo mondo. E non è indispensabile essere pagati per produrre tali beni. Se abbiamo le energie per farlo, allora dovremmo comunque farlo. Non so, forse sono uscito fuori tema...
2) Il tuo ultimo disco, l'ho paragonato a “Hai paura del buio?” non per il genere, ma per l'impatto che può avere nel panorama musicale. È la dimostrazione che i dischi, quelli veri e non usa e getta, si possono ancora fare, ponendo anche dei riferimenti musicali ben precisi. Secondo te, in un mondo fatto di trap e rap ( che io comunque non disdegno) come ci si incastra con opere come “Il sogno di Maila”? C'è lo spazio per produrre opere cosi e proporle al pubblico? Anche in palchi come quelli di Sanremo?
Ti ringrazio sinceramente per le tue parole di apprezzamento. Del mio album se ne sta parlando tanto e bene. E questa, oltre che essere per me una bellissima soddisfazione, è la certificazione che il mio lavoro un senso ce l’ha anche per altre persone oltre che per me. Tu ne sei un esempio. Certo, la mia è l’opera di un uomo maturo che non aspira necessariamente a parlare a tutti e a tutti i costi. Non so, forse dovrei. Potrei azzardare che magari, sotto certi aspetti, la mia musica non riesce a parlare a tutti, ma che certamente prova a parlare PER tutti. Bisogna anche considerare i gap generazionali, che esistono ed è giusto che sia così. E’ normale che l’età media dei miei ascoltatori possa essere diversa dall’età media dei fan di Ghali. E comunque a me Ghali piace molto. Certo, non è solo una questione di età, ma anche di attitudine personale. Penso che la mia espressione musicale non sia facilmente accostabile a quello che viene definito come mainstream, ma penso che in un mondo variegato e multicolore ci possa e ci debba essere spazio per i gusti e le sensibilità di tutti. Se poi la mia musica è destinata ad essere comunque “di nicchia”, va bene. Se è questo il mio karma, per me è ok. Ho già la fortuna di avere l’abilità di fare la musica che mi piace. Non si può avere tutto. Ma se adesso facciamo un gioco e mi dai l’opportunità di scegliere, allora ti dico che piuttosto che partecipare a Sanremo preferirei essere ospite di propaganda Live!
3) In una tua recente intervista ho letto che tu non saresti comunque andato in giro a promuovere il disco, considerando come vengono trattati gli artisti. Mi trovi d'accordo. Come mai in Italia, un musicista viene considerato come un arredo urbano in un locale e non il centro dell'evento?
Credo sia una questione di scarsa curiosità, di mancanza di interesse. Si va in massa a vedere il concerto del musicista conosciuto pagando cifre importanti, mentre si evita di seguire i piccoli concerti gratuiti. Io vado a vedere quasi solo ed esclusivamente concerti di artisti giovani e che non conosco. Amo fare questa cosa. Per ciò che riguarda i miei concerti, sì, effettivamente ho preso la decisione di non suonare dal vivo in mancanza di un adeguato cachet. Non credo sia giusto continuare ad andare in tour se poi alla fine ci devi rimettere di tasca tua. Non sono ricco e nemmeno benestante, non me lo posso permettere. Ci sono aspetti che amo dell’andare in giro a suonare, aspetti facili da individuare perché sono spesso narrati dai musicisti. La parte meno gratificante viene però spesso omessa nei racconti, forse perché la si ritiene poco dignitosa per la propria immagine. Effettivamente è poco dignitosa, soprattutto se reiterata all’infinito, ma vale la pena esporla ogni tanto. E ogni tanto vale anche la pena, credo, prenderne fisicamente e non solo emotivamente le distanze. Mi accontenterò di fare dei grandi dischi!
4) Ultimamente sono usciti dischi che non si pensava potessero uscire mai, tipo l'ultimo di Umberto Palazzo: ti è piaciuto?
Si, è un album dolcemente naif con un’idea sensibile che unisce tutte le canzoni, e ne apprezzo la profonda sincerità. Ha alcune canzoni oggettivamente molto belle. E forse non è un caso che entrambi quest’anno abbiamo ricevuto ispirazione anche da umori e ricordi del nostro vissuto adolescenziale. Voglio davvero bene a Umberto, abbiamo condiviso tanto e gli auguro di fare sempre cose belle e sentite, come questo album appunto.
5) Hai 55 anni, hai una carriera musicale alle spalle lunghissima, partendo dagli anni 80, hai vissuto varie epoche musicali: dove si trova ora l'ispirazione per fare un nuovo disco?
L’ispirazione è desiderio.
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