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  • Immagine del redattoreSilvio Mancinelli

Crisi comunale e dubbi elettorali


Rispetto a tante altre volte non trovo così stimolante la campagna elettorale. Mi spiego meglio: qualche anno fa mi sarei visto almeno 10 programmi in tv per capire quali potevano essere le intenzioni dei candidati. Quest'anno non è così. Ho ascoltato qua e là qualcosa e mi è bastato per capire che di idee ce ne sono pochissime, e che le poche che ci sono, almeno per me, sono alquanto deludenti e bislacche. Ancora non so chi voterò, sicuramente so chi non voterò. Quello che mi interessa è il 5 marzo, quando sarà necessario fare un governo. Roba molto complessa. Ma questo è un discorso da politogo e per gli esperti, per cui evito di farlo io, magari potete seguire il mio amico Antonio Iannamorelli che è dentro la materia e segue queste dinamiche anche per lavoro. In questa campagna elettorale si risveglia la nostra vita comunale politica. Un assessore che entra al posto di Alessandra Vella e ben due consiglieri comunali che letteralmente “sbroccano”. Non posso parlare di Mauro Tirabassi in quanto tempo mi ha cancellato tra le “amicizie di facebook, ma leggere il comunicato di Andrea Ramunno fa dispiacere, perchè è indice di una cosa: possiamo stare a parlare di partecipazione, possiamo affermare che l'età media di chi partecipa in prima linea alle decisioni politiche si è abbassata, ma la realtà dei fatti è proprio un'altra. La realtà di fondo, almeno per quello che appare da fuori, vede un grande regista che sa che ragazzi come la D'Amico e Ramunno incassano un bel po' di voti. Li coinvolge, li fa sentire parte di un progetto, e poi li lascia lì in un angolino, perchè invece è necessario riequilibrare le forze in giunta, che manco fossimo a Bruxelles. Si fa fuori appunto la Vella solo per questa ragione e non per altro, senza nulla togliere a Tonino Angelone, che fece pure una campagna elettorale con chi ora è in minoranza e che ha un bel curriculum lavorativo. In tutto questo il sindaco ne esce fortemente ridimensionato e dà ragione ai suoi detrattori. In più le cariche nei vari enti sono stati dati in base ad un rapporto di fiducia e non per grandi meriti di organizzazione. Con questo non voglio dire che ci siano manchevolezze attuali negli attuali manager, ma pare proprio un modo di fare di della vecchia Repubblica. Eppure ci era stato spiegato che il merito sarebbe stato ristabilito e che le nomine sarebbero state trasparenti. Purtroppo è il vizietto in cui si cade quando si ha potere. Un po' come nella storia della “rimborsopoli” grillina: prendi uno stipendio che non stai rubando, e ti obbligano a bonificare una parte a qualcun altro. Eppure i costi per i parlamentari sono tanti ed in più lasci il tuo lavoro originario. Non è possibile criticare il gesto in sé. Insomma ci ritroviamo punto a capo. Con una piccola grande coalizione in giunta che forse si sfrantumerà e una Grande piccola coalizione al governo che forse si farà. Anche se il mio Antonio, che ne sa più di me, dice di no.


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