È di New York con origini irlandesi ma è in Italia da tanti anni, nonostante questo ha mantenuto il suo stile musicale, sto parlando di Dave Muldon e del suo “Smoke steel and hope”. E' il suo secondo album e in questo lavoro ci sono ottime collaborazioni: Lino Gatti alla batteria (The Winstons), Milo Scaglioni al basso, Roberto Dellera (The Winstons, Afterhours), Chiara Castello (I'm Not a Blonde) e Micol Martinez ai cori. È un disco lineare e senza sorprese. In queste dieci canzoni c'è quel sapore cantautorale che si ascolta mettendo su un disco di Dylan o di Young. È chiaramente un disco di classic rock, con un misto di folk, soul e gospel, un po' alla Tom Petty. Per certi versi si può dire che questo disco è una carta conosciuta, soprattutto per chi ha ascoltato chilate e chilate di dischi nella sua vita. Qui si sentono le atmosfere di ambienti passati. D'altronde anche gli ex ribelli dei Peal Jam ormai suonano così venendo da percorsi diversi (ascoltate “Horizon”e immaginate di farla cantare a Vedder). Buon disco che piacerà ai nostalgici.
La tracklist
Die for you
New York city life
Nothing at all
Destiny's child
Mountain
Horizon
Dancing
Long time
On the radio
Get what you need